Tra le complicanze associate al diabete, il cosiddetto “piede diabetico” è sicuramente tra le più frequenti problematiche per il paziente.
Il rischio maggiore correlato al piede diabetico è l’amputazione, la cui incidenza è di 6/8 casi l’anno per 1000 pazienti con diabete.
L’85% delle amputazioni delle estremità inferiori associate al diabete sono precedute da ulcere dei piedi.
I costi, in caso di amputazione, possono essere rilevanti, in quanto si tratta di un intervento chirurgico che richiede lunghi periodi d’ospedalizzazione e riabilitazione oltre che un cambiamento nello stile di vita del paziente.
Senza contare poi che il rischio di una seconda amputazione è del 50% in tre anni e la mortalità nei pazienti amputati è molto elevata.
Studi* dimostrano che il tasso di amputazioni può essere abbattuto almeno del 50 % nei soggetti che applicano alcuni accorgimenti per prendersi cura dei propri piedi (igiene personale, pedicure, scelta delle calzature) e che si sottopongono a uno screening periodico.
L’esame clinico del piede dovrebbe essere eseguito da un diabetologo, il quale deciderà, in base all’entità del rischio di ulcera, ogni quanto effettuare il follow up.
Se il rischio è basso l’esame va ripetuto almeno una volta l’anno, se persistono uno o più fattori di rischio accertato, l’esame dovrebbe essere più frequente.
La visita per il piede diabetico consiste generalmente in valutazioni fisse e predeterminate:
– ABI (ankle/brachial index) o Indice di Windsor, il rapporto tra pressione sistolica alla caviglia e pressione sistolica omolaterale al braccio misurate in posizione supina attraverso un Doppler ad onda continua; i valori di riferimento sono generalmente:
ABI > 1.15 indice non attendibile per la presenza di calcificazioni della parete vasale;
ABI ∼90 si possono escludere problemi di arteriopatia;
90 < ABI < 1 possibile presenza di macroangiopatia, dove è richiesto un intervento più aggressivo sui fattori di rischio e una rivalutazione dell’indice a distanza di un anno;
ABI ≤ 0.90 valore indicativo di un’arteriopatia. In questo caso il soggetto deve essere seguito da un laboratorio specialistico, in grado di eseguire uno studio angiografico e se necessario una rivascolarizzazione endoluminale (angioplastica o aterectomia) o un intervento chirurgico di by-pass;
– Pressione d’ossigeno transcutanea (TcPO2) rilevata mediante ossimetro in genere sul dorso del piede, un esame che viene in genere eseguito in caso di ABI > 1 o non calcolabile e/o in presenza di lesioni pre-ulcerative o di ulcere del piede e/o ischemica critica del piede e che risulta molto utile per svariati motiivi: diagnostico, ma anche decisionale (per indicare l’utilità di un intervento chirurgico al piede) e per il monitoraggio ad esempio dopo una rivascolarizzazione mediante angioplastica e/o impianto di by pass, per valutare l’efficacia terapeutica.
Un valore di TcPO2 < 50 mmHg viene considerato patologico
Lo screening del piede diabetico, se effettuato nel dettaglio – come spiegato sopra -, permette di rilevare l’eventuale presenza di neuropatia prima che si formino ulcere o deformità ossee.
* Documento di consenso internazionale sul piede diabetico a cura del gruppo di Studio internazionale sul piede diabetico. Mediserve 2000
Fonte: Diabete.com
2016-08-03T08:24:07+02:00 Redazione angolodeldiabetico.it